giovedì 2 agosto 2012

Vent'anni


Chi non ha mai avuto vent’anni? Approssimativamente tutti quelli che non ne hanno più di diciannove, direi. Comunque tutti gli altri si ricorderanno di quell’età fantastica, dell’entusiasmo, della voglia di vivere, degli amori assoluti sbocciati in una spiaggia brulicante o nell’oscurità di una discoteca e magari già esauriti il giorno seguente. E, siccome il livello degli ormoni era generalmente superiore a quello dei guadagni, bisognava accontentarsi, quale alcova “nuziale”, della propria sgangherata auto (nel migliore dei casi) o di quella dei genitori (nella maggioranza dei casi) o del motorino (per gli sfigati, i funamboli o gli amanti del complicato).
Dopo aver tanto penato per un sospirato segno di assenso, il problema a questo punto era la scelta del “locus copulationis”, anche perché la “principessa” (che magari te la dava la prima sera senza neanche sapere chi eri) non poteva certo essere “sbattuta” a lato di una strada come una qualsiasi prostituta. Allora il problema era il seguente: cercare un posto non troppo lontano (non si sa mai ci ripensasse), non troppo trafficato, non troppo isolato, non troppo squallido. E non era un problema da poco. Non infrequenti erano infatti i casi di “coitus interruptus” dovuti al sopraggiungere di auto moleste di buontemponi non-trombanti o di forze dell’ordine controllanti, oppure alla comparsa di un faccione guardone spiccicato al parabrezza appannato. Trovare posti sperduti e inaccessibili anche a buontemponi e guardoni non sempre risultava una scelta vincente: boscaglie vergini e impenetrabili tipicamente generavano scompensi e paure nella tenera mente della fanciulla. E altrettanto tipicamente al centoventiduesimo “cosa è stato questo rumore?” risultava quantomeno difficile anche per un cultore della fisica permanere nello stato di eccitazione rettilinea uniforme, in pieno accordo con il primo principio della dinamica. I luoghi generalmente più tranquilli erano spesso le discariche abusive; per carità, il genere può piacere o non piacere (io ad esempio le trovavo molto naif) ma non si può negare che tra frigoriferi e lavatrici rotte l’automobile “flinstoniana” si trovava a suo perfetto agio. Altri luoghi da non sottovalutare erano quelle piazzole nelle quali pareva ci si desse appuntamento con una quindicina di altre utilitarie e ci si disponeva fianco a fianco in una preciso incastro geometrico; lì ti sentivi al sicuro, c’era tanta gente che condivideva con te paure ed emozioni e, si sa, l’unione fa la forza. Ma c’era sempre quella vocina: “ma dove mi hai portato, al drive-in?”

Fu allora che mi venne quell’idea: creare in luogo tranquillo, panoramico, collinare una sorta di ritrovo “copulandi causa”. Ingresso a gettone, si apre la sbarra, si ritira un simpatico copri-targa, si sceglie una piazzola libera, tutta cinta da profumate piante di lauro, dotata di contenitore per la raccolta dei rifiuti organici e non, con la vista che spazia sulla notte stellata per perdersi fino al mare. Poi distributori automatici di bevande, di panna spray, di gadget a tema, di prodotti smacchianti per i sedili dell’auto di papà. Il tutto controllato dalla presenza discreta di un fidato custode eunuco: non pericoli, non sporcizia, non squallore. Al termine dei tuoi 3 minuti di gloria, ti fumavi la tua sigaretta, appallottolavi e riponevi nell’apposito contenitore l’ammasso di fazzolettini profumati con essenza di mentolo, ti dirigevi verso l’uscita, riponevi il copri targa nelle feritoie a tale scopo deputate, si alzava la sbarra e via, sfrecciavi felice e sereno verso la di lei dimora. Giunto ivi l’accompagnavi galantemente al portone giurandole eterno amore e poi ripartivi verso casa tua domandandoti senza grande interesse se il suo nome fosse Giulia o Greta.


Si attendono finanziamenti e sponsorizzazioni per il progetto