mercoledì 26 giugno 2013

Ortensie



Che belle le ortensie! Come mi piacevano le ortensie! Con quei loro fiori, riuniti in infiorescenze che paiono aprirsi a ombrello, come i fuochi d’artificio in una notte di festa! Nel vialetto che conduceva alla vecchia casa di mia nonna ve ne erano diverse piante ed erano straripanti e incontenibili in giugno con i loro enormi fiori rosa e quelle sfumature dal viola all’azzurro. Che belle che erano e sapevano di campagna e sapevano d’estate. Sapevano di quelle sere d’inizio estate, con le scuole appena terminate e un indefinibile senso di libertà e follia. Sapevano di quelle sere, quando io e mia sorella rimanevamo a dormire dai nonni con lo scopo dichiarato di “vedere le lucciole”. Lucciole in città non ve ne erano proprio, no no, neanche a cercarle con scrupolosità e attenzione. Da mia nonna invece c’erano e non vi immaginate nemmeno quante ed io e mia sorella andavamo là appositamente per quello. Ci facevamo portare in tarda mattinata, giusto in tempo per accampare la giusta pretesa di desinare nella baracca che mio nonno ci aveva costruito nel giardino. Il pomeriggio trascorreva tra giochi e qualche mia simpatica “scortesia” nei confronti dei vicini antipatici e impiccioni (simpatica per me, per loro molto meno). Poi la cena all’aperto e, mentre mio nonno si addormentava a petto nudo su una sedia, divorato dalle zanzare, per me, mia sorella e mia nonna giungeva l’ora delle lucciole. Armati di indicibile coraggio e di una piccola “arbanella” (piccolo contenitore in vetro dotato di chiusura, per i non spezzini) ci dirigevamo emozionati verso il “pianone”, un  appezzamento di terreno strutturato ad ampie piane adibite ad orto dai legittimi proprietari che – tengo a precisare - non eravamo noi. Percorrevamo la breve stradicciola che saliva verso la collina e, superate le ultime case, quando il buio si faceva profondo…ecco lo splendido scenario di quel mare sconfinato di lucciole! Era uno spettacolo emozionante e misterioso quello sfavillio intermittente e leggero e riempiva il cuore di un’emozione che adesso non so dire…
Siccome poi eravamo bambini - e quindi naturalmente cinici e cattivi - pretendevamo di avere anche noi un frammento di quella Bellezza Cosmica, per cui ne catturavamo quattro o cinque esemplari e li rinchiudevamo nella famosa e vitrea arbanella. Giunti a casa e, svegliati il nonno e le zanzare, ci preparavamo per la notte, trasferendo le lucciole in un bicchiere (coperto da un cartone forato) che tenevamo sul comodino. Era bello addormentarsi nel grande letto che sapeva di bucato, mentre mia nonna ci raccontava avvenimenti della sua infanzia e si sentiva in lontananza soltanto il rumore della ferrovia. 

La mattina ci svegliava il canto delle galline e mia nonna era già in cucina a preparare la colazione. Caffelatte servito in terrazza e la cerimonia di liberazione delle lucciole (quelle sopravvissute) che, perso il loro fascino notturno, erano fonte di una discreta delusione. Poi tutti nell’orto a bagnare i pomodori e preparare il “pastone” per le galline: pane raffermo ammorbidito in acqua mescolato con crusca, una pietanza che mi ha sempre attratto e purtroppo non mi è mai stato concesso di assaggiare ma in futuro chissà. 
Poi venivano a prenderci i nostri genitori per ricondurci alla legittima dimora e quella parentesi bucolica terminava con un po’ di malinconia ma la certezza di un nuovo appuntamento per la festa cittadina di agosto, quando tonanti e variopinti fuochi artificiali avrebbero abbracciato il cielo, proprio come enormi ortensie multicolori. Che belle le ortensie, come mi piacevano le ortensie! E sapevano d’estate e sapevano di magia e di molto altro ancora. Come mi piacevano le ortensie. Non come adesso che le osservo...e non sento niente.