martedì 7 febbraio 2012

Pio II

Stimolato da alcuni lettori di recente frequentazione, richiedenti notizie intorno alla tragedia del pulcino citata nell'ultimo post (presentazione), ripropongo il post apparso su splinder nel lontano gennaio 2007 che la descrive fedelmente. Astenersi da facili umorismi...


PIO II

Tragedia domestica in 3 atti tratta da un episodio di vita reale



ATTO PRIMO

Albolo, Sabronide, Coro

(Vano di ingresso di una dimora piccolo borghese. Un paio di brutti quadri alle pareti e un comò  in stile barocco. Un grosso specchio incastonato in una pesante cornice finto-oro. Un telefono di bakelite, a rotella. Una grossa pianta. Sulla parete destra la porta che conduce alla sala da pranzo. Dalla parte opposta si ode un vociare di bambini in avvicinamento. Silenzio, si inizia!)

ALBOLO
Vieni, o fida sorella: fugge ora appena il rilucente Elios e tempo non è di prolungare più oltre i garruli giuochi. Vieni meco, ti condurrò nel loco ove potrai nettare i tuoi fanciulli sudori e abbeverarti con salvifica acqua cristallina e scaricare le eventuali e naturali deiezioni, figlie di ciò di cui ti nutri. Non temere: nessuno aprirà la sacra porta se accortezza avrai di saggiamente rigirare la provvida chiavetta!

SABRONIDE
Teco vengo,  nobile fratello ch’ignora ch’io sappia a cosa serva un cesso! Ma pria accondiscendi a questo mio desio: oramai è già trascorso un quarto di una luna da quando donammo ospitalità al piccolo nostro amico, in occasione della festa del santissimo patrono. Egli ancor non è stato nomato sicché io temo possa andare incontro a folli crisi di identità! Aiutami, ti prego, ad egli un nome attribuire, sicché possa essere idoneamente appellato!

ALBOLO
O notte di tregenda che porta a scomodare gli stanchi miei neuroni per un sì gravoso onere! Non posso, credimi, assolvere a questo compito, ch’è troppo vasto per le mie esili forze!

SABRONIDE
Ti supplico fratello, compagno di mille avventure, che un tuo diniego farebbe me morire! Considera poscia il fatto che il tuo amato Geppo l’orsacchiotto trovasi attualmente nascosto in loco solo a me noto…

ALBOLO
Amata sorella, frutto di un malaugurato errore genitore, aiuterotti…cogitiamo insieme…Ma ecco! O sommo gaudio! Ho trovato! Dunque, come si nomava il primo nostro amico pennuto, perito di mal oscuro pochi dì or sono? PIO, mi pare. Orbene, codesto pennuto sarà PIO II!

SABRONIDE
O geniale fratello, che sempre sia lodata la papale e sconfinata tua fantasia! Or mi recherò alla toeletta più sollevata e gaia!

CORO
Tranquilla e placida pare la fanciulla,
Siccome infante che riposa in una culla,
Ma la vita osserva, come per dileggio,
che non v’è mai una vera fine al peggio!

ATTO SECONDO

Albolo, Madre Premurosa, Pio II, Coro

(Il palco girevole porta la scena nella sala da pranzo. Un tavolo massiccio, apparecchiato per la cena. Un antiquato televisore che trasmette immagini in bianco e nero. Sullo sfondo si intravedono le cucine. Sulla parete di sinistra la porta che conduce all’ingresso. Da essa entra Albolo.)

ALBOLO
Madre, madre!

MADRE PREMUROSA
Cosa diavolo hai combinato Albolo, che ne è di tua sorella?

ALBOLO
Madre, foste Voi a concepire una sorella sofferente di stipsi. Dove altro volete che ella sia se non a sforzare le sue giovani membra? Ma non di questo sono venuto a parlarvi: il nostro pulcino, l’ultimo sopravvissuto ai capricci di una natura matrigna e arrogante, ha oggi un nome! Si chiamerà Pio II!

MADRE PREMUROSA
Ah, bella idea! E allora vediamo di dare una bella pulita alle sue lussuose stanze, in quanto egli mangia come un pulcino ma defeca come tutto quanto il Vaticano e la corte d’Avignone!

ALBOLO
(accucciandosi verso una cesta ovattata nel quale è accovacciato un giallo pulcino)
Pulcino adorato, da oggi e per sempre tu vivrai tra queste mura con il nome di Pio II. Sarai lo svago dopo le mie fatiche, la gioia che sconfigge le mie tristezze, compagno fedele del mio farmi uomo!

PIO II
(senza essere da altri compreso)
O stranissimo genitore implume, assai grato ti sono per questo gesto di incommensurabile amore che hai dimostrato battezzandomi con il nome di un Pontefice del ‘400. Sebbene ritenga che il nome di un defunto mi potrebbe portare sfiga, ti voglio ripagare del bene che mi vuoi…e lo farò seguendoti sempre in ogni tuo movimento e stando a fianco a te nelle gioie e nelle difficoltà, finché morte non mi separi!

ALBOLO
Madre premurosa, il Vostro desio sarà per me dovere ma concedete che pria mi rechi a cambiar d’abito, in modo da non lordare codesti vestimenti immacolati…

MADRE PREMUROSA
Va pure figliuolo, ma rammenta di chiudere dietro di te la porta, in modo che PIO II non si disponga a seguirti!

CORO
Stai attento, dolce e candido Albolino
Ché assai piccolo e sgusciante è il pulcino.
Chiudi ogni porta, accosta le vetrate:
non commeter le tue solite stronzate!

(Albolo esce, seguito dal pulcino)

ATTO GROSSO
Albolo, Pio II, Coro
(Il palco gira e si ritorna nel vano di ingresso. Albolo chiude la porta, non avvedendosi che il pulcino è entrato)

PIO II
(senza essere da altri compreso)
Aspettami, o grande madre chioccia! Fa che io possa raggiungerti e camminare sotto la tua ombra, siccome il nostro istinto prevede!

CORO
(più forte)
Albolo, stai attento a quel che fai:
potresti non dimenticarlo mai!!!

ALBOLO
(tra sé, sbadigliando)
Mi dirigo nelle mie stanze…

CORO
(ancor più forte)
Albolo, sei più duro di una noce:
abbiamo ormai perduto anche la voce!

(Albolo compie un passo e…)

CORO
Nooooooo!!!


SPLASHHHH!!!


ALBOLO
(guardandosi il piede sporco di sangue)
Noooooo!!!

PIO II
(ridotto a sottiletta sanguinolenta)
O pesantissima mia chioccia, perché mi hai fatto questo? Non ho forse sempre tentato di allietare i tuoi giorni tristi? Non mi sono forse mostrato sempre affettuoso e avido di carezze? Non ti ho sempre seguito e guardato come un dio? E quante volte ho aspettato solo che quel dio mi guardasse e mi donasse un po’ di considerazione? E ora, come un dio maligno, mi dai un’orribile morte, tremenda punizione per un male che io non ho commesso. Vedi, ogni particella di vita, che volentieri avrei speso ancora e solamente per te, adesso si diparte da quel che resta del mio corpo; i miei occhi si socchiudono, mentre ancora ti guardano, come a chiedere perdono di una colpa che non riesco a comprendere ma che necessariamente vi è, perché, come ogni madre, non è possibile che tu sia cattivo…

ALBOLO
(piangendo)
Oh, lasso! Tu non sai quanto il peso del mio stesso passo adesso mi opprima e mi spenga ogni ardore di vita, tanto che anch’io vorrei morire teco! Ma non guardarmi con quegli occhi tristi, che ancora chiedono un ultimo atto di amore e di perdono. Tu non hai colpe. Solo io le ho. Solo io che ho tradito le speranze di chi mi amava e viveva per me. E a ciò non v’è rimedio. L’unica medicina agognata sarà l’oblio o una precocissima follia…

CORO
(mestamente, a voce bassa)
Il fato più crudele nella vita
È causa esser della dipartita
di chi ti ama. E per punizione.
Agli inferi cadrai in un girone
Nel quale sarai oppresso - è il contrappasso -
Da un pollo di tre metri…bello grasso.





5 commenti:

  1. Mio nipote deve aspettarsi un criceto di 3 metri?Non sei solo in questo dolore...

    RispondiElimina
  2. Stupendo! Dato che ti capisco bene, eviterò ogni commento ironico. Dico solo che è tragicamente simbolica quella morte innocente, quella vita breve sottratta al destino di frittata prima o brodino poi...

    RispondiElimina
  3. Quante stragi di innocenti sono avvenute per colpa di un piede. Come non ricordare la morte di Remo, perito per un alluce fuori le mura, o quella di Lady Oscar che se solo avesse dato retta al dolore dei calli che l'affligeva, non si sarebbe presentata lì, dove l'aspettava la crudele morte.

    Ma l'arto inferiore non provocò solo dolore.
    Fu una squallida spina di fico d'india a trafliggere il poetico piede del Leopardi che, rimasto intrappolato nel suo pianto di dolore in un ispido ermo di colle diede vita ad un maestoso componimento. E se non avesse avuto un unghia incarnita che l'obbligò all'uso esclusivo dell'equino, poco avrebbe potuto fare Garibaldi con i soli piedi...

    Pio II, sii fiero dell'enorme impronta che pose fine ai tuoi giorni, e riposa sereno nella tua ultima dimora (una scarpa, suppongo).

    RispondiElimina