Non è infrequente che alle prime luci del mattino sul dosso
del Buonviaggio si adagi una lingua di nebbia che ingloba il
campanile e le case circostanti in un’atmosfera di irrealtà che scompare allo
sciogliersi dei primi raggi solari. Che poi di vera nebbia non si tratta; è più
una nube, un addensamento di umidità che risale dal canale e dai boschi
circostanti e si affloscia pesante e appiccicoso sul culmine del passo come una
marmellata di nuvole.
E fu questa stessa nebbia che un mattino di ottobre di quel
lontano 1337 accompagnò l’apparizione della Madonna. All’epoca quella che sarà
la Statale 330 non era che un piccolo sentiero che veniva percorso spesso a
piedi o con i muli e la sommità del passo era luogo di riposo dopo la ripida salita
per i viandanti e i pellegrini diretti in Lunigiana o nella valle del Vara e di
sollievo per quelli di là provenienti; a loro a questo punto si spalancava pian
piano la vista del mare e di quel golfo profondo che da sempre fu rifugio
sicuro per chi andava per mare e luogo di ristoro per i viaggiatori tutti. Non
per niente quella era Hospitia e poi sarà Spetia, Spedia e via dicendo, se
vogliamo avallare questa tesi. E poi c’era appunto il passo del Buonviaggio
(che così non si chiamava ancora), con la sua sorgiva di acqua fresca, i suoi
prati, i boschi di pini e castagni e quella nebbia mattutina da staccare a
morsi. E in quella “nebbia di latte”,
sprofondata in un’oscurità ancora imperante, apparve una mattina la Madonna,
palesandosi agli occhi increduli di un pastorello poco più che ventenne di nome
Gervaso, conosciuto dai più con l’appellativo “Gaina”, di certo non a mo’ di
complimento.
La Santa Vergine si manifestò in un’immagine luminosa e
diafana, in prossimità di una grossa roccia posta poco sopra il sentiero. Con
voce dolcissima e quasi impercettibile sussurrò al pastorello: “Non confidare a
nessuno questo nostro incontro. Io non dovevo apparire qui. Ma con questa
nebbia mi sono confusa…” Gaìna restò immobile, ancora a bocca aperta, mentre la
Sacra Immagine si confondeva per spegnersi nella nebbia del mattino. Rimase lì
ancora un poco fino a quando non fu richiamato dalle imprecazioni del padre che
lo cercava.
Ovviamente se invece di “Gaina” fosse stato conosciuto con
l’appellativi di “Fido” la richiesta della Santa Vergine sarebbe stata esaudita
ma veniva chiamato dai più “Gaina” e da uno chiamato “Gaina” cosa volete
aspettarvi? E la notizia dell’apparizione giunse rapida nei vicini paesi e
persino nel borgo sul Poggio. Dal primo giorno fu subito un grande accorrere di
persone: giovani, vecchi, bambini e soprattutto donne, tutti a toccare la
roccia dove era fulgidamente apparsa la
Vergine Maria. E presto si diffusero anche i primi miracoli [...]
Fu presto eretta in loco anche un’edicola, ma non quella
odierna che vende giornaletti zozzi, ma un’edicola votiva con raffigurata
l’immagine della Santissima, così come sommariamente descritta dal Gaina. Fu
per un periodo un accorrere di donne, di devoti, di curiosi; tutti a chiedere
una grazia, recitare una preghiera, lasciare un fiore. Una vera devozione nata
dal popolo, ricca di entusiasmo, di partecipazione.
Dopo poco però le cronache del tempo iniziano ad essere più vaghe e si dimenticano presto dell’accaduto. Dai pochi frammenti pervenutici apprendiamo che il “raffreddamento” improvviso di tanta devozione non sia da attribuirsi all’intervento delle gerarchie ecclesiastiche ma forse ad un clamoroso passo indietro del Gaina stesso. Secondo taluni vi sarebbero state altre apparizioni mistiche; in particolare si sarebbe “scomodato” dapprima l’Arcangelo Gabriele per ammonire il giovinotto e quindi, data la sua reticenza, San Giuseppe in persona per assestargli un solenne calcione nel di dietro. Sarebbe seguita una “spontanea” ritrattazione del giovine. Ma altri, più laicamente, sembrano non dar troppo peso a queste “epifanie” preferendo di gran lunga soffermarsi a riflettere sulle peculiarità della prima colazione della famiglia del Gaina, sulla cui tavola al cantar del gallo pane, olio e un buon fiasco di Vaggio non mancavano mai. Era il Vaggio un ottimo vino dalla gradazione alcolica piuttosto elevata che veniva prodotto in vicini territori al di là del fiume Magra, nei poderi dei conti Vaggia, appunto. Vino forte, si diceva, ma sulla cui bontà nessuno poteva eccepire. Da allora il Gaina venne identificato da tutti come colui al quale molto era gradito il buon vino Vaggio, tanto da essere chiamato direttamente il “Buon Vaggio”, come fu presto appellato anche il luogo dell’ormai famosa apparizione. Da lì a Buon Viaggio e poi Buonviaggio, il passo è breve, nella storia degli storpiamenti linguistici popolari, tanto più in quanto luogo di transito obbligato per molti viandanti che andavano e venivano dal Golfo. Ma la devozione per la Santa Vergine sopravvisse al Buon Vaggio o Gaina che dir si voglia. Per i pellegrini in cammino quella rimase una tappa fondamentale per un’orazione e un poco di ristoro prima di riprendere il lento e travagliato cammino. In luogo dell’edicola, alcuni decenni più tardi venne eretta una cappella, e poi nel XVI secolo una piccola chiesa che poi, sul finire dell’800 fu sostituita dall’attuale edificio, adesso piuttosto malconcio e “impreziosito” da un discutibile monumento dedicato alla Madonna dei Ciclisti. Non abbiamo comunque conferme che in questi luoghi ci sia stata un’apparizione della Vergine Maria, né nel 1337 né mai; anche se molti dei sopra menzionati ciclisti amatoriali, magari un po’ in su con il peso e l’età, al termine della tortuosa salita, giurano spesso di aver avvertito i suoi soavi richiami…
Dopo poco però le cronache del tempo iniziano ad essere più vaghe e si dimenticano presto dell’accaduto. Dai pochi frammenti pervenutici apprendiamo che il “raffreddamento” improvviso di tanta devozione non sia da attribuirsi all’intervento delle gerarchie ecclesiastiche ma forse ad un clamoroso passo indietro del Gaina stesso. Secondo taluni vi sarebbero state altre apparizioni mistiche; in particolare si sarebbe “scomodato” dapprima l’Arcangelo Gabriele per ammonire il giovinotto e quindi, data la sua reticenza, San Giuseppe in persona per assestargli un solenne calcione nel di dietro. Sarebbe seguita una “spontanea” ritrattazione del giovine. Ma altri, più laicamente, sembrano non dar troppo peso a queste “epifanie” preferendo di gran lunga soffermarsi a riflettere sulle peculiarità della prima colazione della famiglia del Gaina, sulla cui tavola al cantar del gallo pane, olio e un buon fiasco di Vaggio non mancavano mai. Era il Vaggio un ottimo vino dalla gradazione alcolica piuttosto elevata che veniva prodotto in vicini territori al di là del fiume Magra, nei poderi dei conti Vaggia, appunto. Vino forte, si diceva, ma sulla cui bontà nessuno poteva eccepire. Da allora il Gaina venne identificato da tutti come colui al quale molto era gradito il buon vino Vaggio, tanto da essere chiamato direttamente il “Buon Vaggio”, come fu presto appellato anche il luogo dell’ormai famosa apparizione. Da lì a Buon Viaggio e poi Buonviaggio, il passo è breve, nella storia degli storpiamenti linguistici popolari, tanto più in quanto luogo di transito obbligato per molti viandanti che andavano e venivano dal Golfo. Ma la devozione per la Santa Vergine sopravvisse al Buon Vaggio o Gaina che dir si voglia. Per i pellegrini in cammino quella rimase una tappa fondamentale per un’orazione e un poco di ristoro prima di riprendere il lento e travagliato cammino. In luogo dell’edicola, alcuni decenni più tardi venne eretta una cappella, e poi nel XVI secolo una piccola chiesa che poi, sul finire dell’800 fu sostituita dall’attuale edificio, adesso piuttosto malconcio e “impreziosito” da un discutibile monumento dedicato alla Madonna dei Ciclisti. Non abbiamo comunque conferme che in questi luoghi ci sia stata un’apparizione della Vergine Maria, né nel 1337 né mai; anche se molti dei sopra menzionati ciclisti amatoriali, magari un po’ in su con il peso e l’età, al termine della tortuosa salita, giurano spesso di aver avvertito i suoi soavi richiami…
Bellissima storia... forse mio papà, da bravo ciclista, potrebbe aver visto la Madonna... ora mi informo!!!
RispondiEliminaciao Elisa
finalmente che sei tornato albolo... bella questa storia ,bruttissimo questo monumento,fa male agli occhi vedere una cosa così brutta.
RispondiEliminaI soavi richiami ,come di sirena,forse è solo fame d'ossigeno...
albolo veglia su di me
pare che stia per essere arrotata, po'eretta....ma la Madonna non avrebbe dovuto possedere gia' un GPS all'epoca? retrogradi lassu' nell'alto dei cieli, certo...
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