Stimolato da alcuni lettori di recente frequentazione, richiedenti notizie intorno alla tragedia del pulcino citata nell'ultimo post (presentazione), ripropongo il post apparso su splinder nel lontano gennaio 2007 che la descrive fedelmente. Astenersi da facili umorismi...
PIO II
Tragedia domestica in 3 atti tratta da un episodio di vita reale
ATTO PRIMO
Albolo, Sabronide,
Coro
(Vano di ingresso di una dimora piccolo borghese. Un
paio di brutti quadri alle pareti e un comò
in stile barocco. Un grosso specchio incastonato in una pesante cornice
finto-oro. Un telefono di bakelite, a rotella. Una grossa pianta. Sulla parete
destra la porta che conduce alla sala da pranzo. Dalla parte opposta si ode un
vociare di bambini in avvicinamento. Silenzio, si inizia!)
ALBOLO
Vieni, o fida sorella: fugge ora appena il rilucente Elios e
tempo non è di prolungare più oltre i garruli giuochi. Vieni meco, ti condurrò
nel loco ove potrai nettare i tuoi fanciulli sudori e abbeverarti con salvifica
acqua cristallina e scaricare le eventuali e naturali deiezioni, figlie di ciò
di cui ti nutri. Non temere: nessuno aprirà la sacra porta se accortezza avrai
di saggiamente rigirare la provvida chiavetta!
SABRONIDE
Teco vengo, nobile
fratello ch’ignora ch’io sappia a cosa serva un cesso! Ma pria accondiscendi a
questo mio desio: oramai è già trascorso un quarto di una luna da quando
donammo ospitalità al piccolo nostro amico, in occasione della festa del
santissimo patrono. Egli ancor non è stato nomato sicché io temo possa andare
incontro a folli crisi di identità! Aiutami, ti prego, ad egli un nome
attribuire, sicché possa essere idoneamente appellato!
ALBOLO
O notte di tregenda che porta a scomodare gli stanchi miei
neuroni per un sì gravoso onere! Non posso, credimi, assolvere a questo compito,
ch’è troppo vasto per le mie esili forze!
SABRONIDE
Ti supplico fratello, compagno di mille avventure, che un
tuo diniego farebbe me morire! Considera poscia il fatto che il tuo amato Geppo
l’orsacchiotto trovasi attualmente nascosto in loco solo a me noto…
ALBOLO
Amata sorella, frutto di un malaugurato errore genitore,
aiuterotti…cogitiamo insieme…Ma ecco! O sommo gaudio! Ho trovato! Dunque, come
si nomava il primo nostro amico pennuto, perito di mal oscuro pochi dì or sono?
PIO, mi pare. Orbene, codesto pennuto sarà PIO II!
SABRONIDE
O geniale fratello, che sempre sia lodata la papale e
sconfinata tua fantasia! Or mi recherò alla toeletta più sollevata e gaia!
CORO
Tranquilla e placida
pare la fanciulla,
Siccome infante che
riposa in una culla,
Ma la vita osserva,
come per dileggio,
che non v’è mai una
vera fine al peggio!
ATTO SECONDO
Albolo, Madre
Premurosa, Pio II, Coro
(Il palco girevole porta la scena nella sala da pranzo.
Un tavolo massiccio, apparecchiato per la cena. Un antiquato televisore che
trasmette immagini in bianco e nero. Sullo sfondo si intravedono le cucine.
Sulla parete di sinistra la porta che conduce all’ingresso. Da essa entra
Albolo.)
ALBOLO
Madre, madre!
MADRE PREMUROSA
Cosa diavolo hai combinato Albolo, che ne è di tua sorella?
ALBOLO
Madre, foste Voi a concepire una sorella sofferente di
stipsi. Dove altro volete che ella sia se non a sforzare le sue giovani membra?
Ma non di questo sono venuto a parlarvi: il nostro pulcino, l’ultimo
sopravvissuto ai capricci di una natura matrigna e arrogante, ha oggi un nome!
Si chiamerà Pio II!
MADRE PREMUROSA
Ah, bella
idea! E allora vediamo di dare una bella pulita alle sue lussuose
stanze, in quanto egli mangia come un pulcino ma defeca come tutto quanto il
Vaticano e la corte d’Avignone!
ALBOLO
(accucciandosi
verso una cesta ovattata nel quale è accovacciato un giallo pulcino)
Pulcino adorato, da oggi e per sempre tu vivrai tra queste
mura con il nome di Pio II. Sarai lo svago dopo le mie fatiche, la gioia che
sconfigge le mie tristezze, compagno fedele del mio farmi uomo!
PIO II
(senza essere da
altri compreso)
O stranissimo genitore implume, assai grato ti sono per
questo gesto di incommensurabile amore che hai dimostrato battezzandomi con il
nome di un Pontefice del ‘400. Sebbene ritenga che il nome di un defunto mi
potrebbe portare sfiga, ti voglio ripagare del bene che mi vuoi…e lo farò
seguendoti sempre in ogni tuo movimento e stando a fianco a te nelle gioie e
nelle difficoltà, finché morte non mi separi!
ALBOLO
Madre premurosa, il Vostro desio sarà per me dovere ma
concedete che pria mi rechi a cambiar d’abito, in modo da non lordare codesti
vestimenti immacolati…
MADRE PREMUROSA
Va pure figliuolo, ma rammenta di chiudere dietro di te la
porta, in modo che PIO II non si disponga a seguirti!
CORO
Stai attento, dolce e
candido Albolino
Ché assai piccolo e
sgusciante è il pulcino.
Chiudi ogni porta,
accosta le vetrate:
non commeter le tue
solite stronzate!
(Albolo esce,
seguito dal pulcino)
ATTO GROSSO
Albolo, Pio II, Coro
(Il palco gira e
si ritorna nel vano di ingresso. Albolo chiude la porta, non avvedendosi che il
pulcino è entrato)
PIO II
(senza essere da
altri compreso)
Aspettami, o grande madre chioccia! Fa che io possa
raggiungerti e camminare sotto la tua ombra, siccome il nostro istinto prevede!
CORO
(più forte)
Albolo, stai attento
a quel che fai:
potresti non
dimenticarlo mai!!!
ALBOLO
(tra sé,
sbadigliando)
Mi dirigo nelle mie stanze…
CORO
(ancor più forte)
Albolo, sei più duro
di una noce:
abbiamo ormai perduto
anche la voce!
(Albolo compie un
passo e…)
CORO
Nooooooo!!!
SPLASHHHH!!!
ALBOLO
(guardandosi il
piede sporco di sangue)
Noooooo!!!
PIO II
(ridotto a
sottiletta sanguinolenta)
O pesantissima mia chioccia, perché mi hai fatto questo? Non
ho forse sempre tentato di allietare i tuoi giorni tristi? Non mi sono forse
mostrato sempre affettuoso e avido di carezze? Non ti ho sempre seguito e
guardato come un dio? E quante volte ho aspettato solo che quel dio mi
guardasse e mi donasse un po’ di considerazione? E ora, come un dio maligno, mi
dai un’orribile morte, tremenda punizione per un male che io non ho commesso.
Vedi, ogni particella di vita, che volentieri avrei speso ancora e solamente
per te, adesso si diparte da quel che resta del mio corpo; i miei occhi si
socchiudono, mentre ancora ti guardano, come a chiedere perdono di una colpa
che non riesco a comprendere ma che necessariamente vi è, perché, come ogni
madre, non è possibile che tu sia cattivo…
ALBOLO
(piangendo)
Oh, lasso! Tu non sai quanto il peso del mio stesso passo
adesso mi opprima e mi spenga ogni ardore di vita, tanto che anch’io vorrei
morire teco! Ma non guardarmi con quegli occhi tristi, che ancora chiedono un
ultimo atto di amore e di perdono. Tu non hai colpe. Solo io le ho. Solo io che
ho tradito le speranze di chi mi amava e viveva per me. E a ciò non v’è
rimedio. L’unica medicina agognata sarà l’oblio o una precocissima follia…
CORO
(mestamente, a
voce bassa)
Il fato più crudele
nella vita
È causa esser della
dipartita
di chi ti ama. E per
punizione.
Agli inferi cadrai in
un girone
Nel quale sarai
oppresso - è il contrappasso -
Da un pollo di tre
metri…bello grasso.
Mio nipote deve aspettarsi un criceto di 3 metri?Non sei solo in questo dolore...
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaStupendo! Dato che ti capisco bene, eviterò ogni commento ironico. Dico solo che è tragicamente simbolica quella morte innocente, quella vita breve sottratta al destino di frittata prima o brodino poi...
RispondiEliminaOddio, piango.
RispondiEliminaQuante stragi di innocenti sono avvenute per colpa di un piede. Come non ricordare la morte di Remo, perito per un alluce fuori le mura, o quella di Lady Oscar che se solo avesse dato retta al dolore dei calli che l'affligeva, non si sarebbe presentata lì, dove l'aspettava la crudele morte.
RispondiEliminaMa l'arto inferiore non provocò solo dolore.
Fu una squallida spina di fico d'india a trafliggere il poetico piede del Leopardi che, rimasto intrappolato nel suo pianto di dolore in un ispido ermo di colle diede vita ad un maestoso componimento. E se non avesse avuto un unghia incarnita che l'obbligò all'uso esclusivo dell'equino, poco avrebbe potuto fare Garibaldi con i soli piedi...
Pio II, sii fiero dell'enorme impronta che pose fine ai tuoi giorni, e riposa sereno nella tua ultima dimora (una scarpa, suppongo).